L’industria del turismo e dell’ospitalità rappresenta uno dei settori economici più influenti al mondo, contribuendo per il 10% al PIL globale e impiegando una persona su dieci.
Eppure, dietro questi numeri impressionanti si nasconde un paradosso che merita attenzione: nonostante le donne rappresentino il 54% della forza lavoro del settore, la loro presenza nei ruoli decisionali rimane drammaticamente limitata, riducendo la leadership femminile.
Un progresso lento ma visibile:
Negli ultimi anni si sono registrati progressi significativi. La rappresentanza femminile nei consigli di amministrazione è passata dal 16% nel 2013 al 33% nel 2025, un miglioramento che testimonia un cambiamento culturale in atto.
Tuttavia, l’analisi di 20 grandi catene alberghiere rivela un quadro ancora profondamente problematico e disomogeneo. Mentre alcune realtà come Accor si distinguono con un CDA a maggioranza femminile (Meliá Hotels addirittura ha raggiunto la parità perfetta), altre rimangono ancorate a modelli del passato. Jumeirah e Best Western, ad esempio, mantengono ancora oggi consigli esclusivamente maschili.
Le barriere invisibili che frenano le carriere:
La ricerca condotta identifica un sistema complesso di ostacoli che si intrecciano tra loro, creando quello che viene definito il “soffitto di cristallo”.
Da un lato esistono barriere che le donne stesse si impongono (spesso inconsapevolmente): le responsabilità familiari e la difficoltà nel bilanciare vita professionale e personale rappresentano uno degli ostacoli più significativi. Molte donne si trovano a vivere un “doppio turno”, dove al lavoro retribuito si aggiunge il carico delle responsabilità domestiche, che la società continua a considerare principalmente femminili.
A questo si aggiunge la mancanza di autostima e di fiducia in sé stesse, alimentata da anni di stereotipi e aspettative sociali. Le donne tendono a sottovalutare le proprie capacità e sono meno propense degli uomini a candidarsi per ruoli di leadership, anche quando possiedono tutte le qualifiche necessarie. La “colpa materna” rappresenta un altro elemento paralizzante: molte professioniste si trovano costrette a scegliere tra carriera e famiglia, una scelta che raramente viene imposta agli uomini.
Dall’altro lato, esistono barriere imposte dal contesto lavorativo stesso. Gli stereotipi di genere permeano ancora profondamente il settore: le donne vengono spesso confinate in ruoli considerati “femminili” come reception e housekeeping, mentre posizioni come chef e manager restano appannaggio maschile. La discriminazione sistematica si manifesta in modi sottili ma pervasivi, dalle battute sessiste alle opportunità di promozione negate.
Il gender pay gap nel settore si attesta al 14,7%, un dato che nasconde disparità ancora più profonde quando si considerano le posizioni executive, dove arriva al 38,45%. La mancanza di supporto organizzativo, programmi di mentorship strutturati e percorsi chiari di sviluppo professionale lascia purtroppo molte donne a navigare la propria carriera senza bussola né sostegno.
Un’indagine Sul campo:
Un’indagine condotta su 259 professioniste del settore ha permesso di dare voce diretta alle esperienze vissute. Emerge un quadro dove il work-life balance rappresenta la sfida principale per il 50% delle intervistate. Le lunghe ore di lavoro, i turni irregolari e la cultura della disponibilità costante rendono estremamente difficile mantenere una vita personale soddisfacente.
Il 60% delle intervistate ha ammesso di aver sacrificato il tempo con famiglia e amici per la carriera, mentre il 57% ha compromesso la propria salute fisica. Questi dati non rappresentano solo statistiche, ma storie di donne che hanno dovuto rinunciare a momenti importanti della propria vita personale per perseguire ambizioni professionali in un ambiente che non offre il supporto necessario.
Strategie concrete per il cambiamento:
Le soluzioni devono essere sistemiche e coinvolgere tutti i livelli organizzativi. La flessibilità lavorativa e il supporto alla genitorialità condivisa rappresentano il punto di partenza. Paesi come l’Islanda dimostrano che è possibile: ogni genitore ha diritto a sei mesi di congedo parentale retribuito, per un totale di dodici mesi da condividere tra entrambi i genitori. Questo non solo incoraggia il coinvolgimento paterno, ma sfida anche i ruoli tradizionali e permette alle donne di tornare al lavoro con maggiore serenità.
L’eliminazione della discriminazione richiede processi di selezione trasparenti e training sulla consapevolezza dei bias inconsci. I programmi di mentorship strutturati possono fare la differenza: vedere donne in posizioni di leadership ispira le generazioni future e fornisce modelli concreti di successo.
L’eliminazione del gender pay gap richiede audit salariali regolari, trasparenza nelle bande retributive e metriche standardizzate per valutare le performance. Creare una cultura dell’ascolto, dove le esperienze delle donne vengono ascoltate e valorizzate, non è solo eticamente giusto ma strategicamente vantaggioso: le organizzazioni più inclusive dimostrano maggiore innovazione, soddisfazione dei clienti e performance finanziarie.
Ridefinire il concetto di successo:
Forse l’elemento più interessante emerso dalla ricerca è come le leader intervistate abbiano ridefinito nel tempo il proprio concetto di successo. Molte hanno descritto un’evoluzione significativa: da obiettivi puramente individuali e posizioni gerarchiche verso una visione più ampia e umana che include lo sviluppo del team, la mentorship, l’equilibrio tra vita professionale e personale, e la realizzazione come esseri umani completi.
Una testimonianza particolarmente significativa racconta: “Il vero successo è fare un lavoro che ami e per cui sei appassionata, senza sacrificare troppo della tua vita personale. La maternità mi ha reso una manager migliore, aiutandomi a sviluppare empatia, pazienza e gestione delle priorità.”
Concludendo:
Raggiungere l’uguaglianza di genere nel turismo e nell’ospitalità richiede un cambiamento culturale profondo che va oltre i numeri e le quote.
Si tratta di ripensare la leadership stessa, valorizzando qualità come empatia, collaborazione e intelligenza emotiva – caratteristiche tradizionalmente associate al femminile ma storicamente sottovalutate nel mondo del lavoro.
Il settore deve trasformarsi da ambiente sfidante e precario, dove le donne devono lavorare il doppio per ottenere la metà del riconoscimento, a spazio inclusivo dove ogni persona possa aspirare, crescere e guidare senza dover scegliere tra carriera e vita personale, tra ambizione professionale e realizzazione familiare.
Il futuro della leadership nel turismo e nell’ospitalità non è semplicemente femminile – è inclusivo, rispettoso, sostenibile.
